[Monti Youwu] Wang Xiang Tai: catabasi tra tombe e miniere

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    «Non credo sia in errore...» rispose sommessamente il principe. «Penso che la vita terrena limiti i suoi sensi. Abbandonare i cieli per farsi di carne e ossa deve avere qualche effetto sui poteri celesti di un Dio... Si dice che le divinità abbiano palazzi sulle cime dei monti più alti e irraggiungibili e dall'alto ci guardino. Da lassù vedono tutto, ma mio padre ha lasciato le vette e ora è il suo seggio domina i tetti delle case di Yin, ma il suo occhio non può spingersi oltre. Per quello ha una fitta rete di funzionari» spiegò.
    I funzionari erano umani e gli umani potevano cedere alle tentazioni.
    «Considerato dove ci troviamo, temo che il posto più vicino dove trovar tutto il necessario sia il tempio di Zazi...» ipotizzò.
     
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    Bridhon Miaugion

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    Qingshan annuì al buio. Ma certo, cosa andava a pensare? Era ovvio che fosse colpa degli uomini e della corruzione nei loro cuori, se le trame divine riscontravano degli intoppi. Più la rete si espandeva e si allontanava dalla grazia, più l'egoismo poteva filtrare nel complesso sistema che vedeva l'Imperatore in cima.

    «Speriamo che le orecchie di funzionari così distanti non siano diventate sorde alla sua voce» disse, con una certa dose di preoccupazione. La voce che doveva essere riconosciuta era quella dell'Imperatore, non del principe, che rischiava di attirare nuovamente su di sé le attenzioni dei sicari che gli erano stati sguinzagliati addosso e che li avevano costretti in quella situazione.

    «L'idea di visitare un tempio di queste zone mi aggrada» proseguì. «La loro presenza, per quanto sacra e lontana dal mondo materiale, sembra ben radicata nel territorio e nelle leggende che lo circondano. Persino Mao ce ne ha parlato. Al di là dei nostri scopi materiali, sono sicuro che una visita in simili luoghi potrà fornirci delle risposte. Forse non soluzioni per i problemi degli uomini, ma sicuramente degli insegnamenti per il nostro spirito. Sono curioso di vedere come vivono questi monaci, e come si addestrano.»
     
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    «Anche io sono curioso: non ho mai incontrato un monaco dal vivo, al massimo l'ho visto da molto lontano ma ogni monastero ha le sue tradizioni e regole da quello che mi diceva il mio insegnante» mormorò sommessamente Shirong.
    «Meglio dormire ora, che da quello che ho capito, la vita dei popolani inizia ben prima della vita di palazzo» sussurrò divertito. «Buonanotte» aggiunse.

    Azione di chiusura per Qingshan e 200 px di scuse. Dopo apri tu il seguito, per piacere, che io sono indietro come il cucco
     
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    Bridhon Miaugion

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    «Dormite bene» rispose, mentre il soffice fruscio dei giacigli indicava come i corpi stessero cercando una nuova posizione, più comoda, per invitare il sonno a sopraggiungere.

    Avevano appena concluso una scalata ed ecco che, probabilmente, un'altra li attendeva, poiché spesso - a quanto Qingshan aveva sentito dire - i monasteri erano degli eremi appollaiati tra i dirupi. L'ascesa sarebbe stata ripida, quindi necessitavano di riposare le membra, ma non solo: i monaci erano individui enigmatici, allo stesso tempo estremamente spirituali ed estremamente pratici, motivo per cui risultava praticamente impossibile reclutarli come avevano fatto con Zazi, che era un giovane accolito. I monaci più austeri li avrebbero testati? Per concedere loro l'accesso avrebbero misurato la loro forza fisica e mentale, mettendoli davanti a ostacoli da superare e indovinelli da risolvere?
    Ipotesi e superstizione si amalgamavano nel buio dietro le palpebre, una marea nera accavallata sopra onde arricciate addirittura più oscure: le premesse per una notte di veglia alla mercé di pensieri irrazionali c'erano tutte. Invece Qingshan crollò come un sacco di patate, la sua testa poggiata sulla scomodità del cuscino come fosse il grembo della più squisita delle cortigiane. Era talmente stanco e provato dalla giornata che il suo sonno fu privo di sogni e si sarebbe svegliato soltanto con il canto del gallo all'alba.
     
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