[Blacktyde] Seppellire l'ascia di guerra sotto pinte di malto

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    «Raccontami dei tuoi viaggi.»

    Era una domanda semplice, posta senza secondi fini e al cospetto dei migliori diplomatici di sempre, due caraffe servite sul bancone della Sardina d'Argento.
    Il primo incontro tra Üdyn e l'Avaro non era stato dei migliori: incitato dal Dentidoro, Üdyn aveva provato a proporre al mercante di cambiare rotta e includere le Isole dell'Estate - un proposito a cui il mercante aveva risposto con astio e una disamina tanto saccente quanto precisa e veritiera degli intenti del Blacktyde. Üdyn voleva razziare, questo era vero: ma l'idea che avrebbe sguinzagliato la sua nave contro barcacce e mercantili come se non aspettasse altro che pagare il prezzo del ferro era una stronzata bella e buona, un'accusa infondata che il novello capitano sperò di aver smentito con sguardo glaciale e parole ferme.

    Nondimeno, anche se quel qui pro quo si sarebbe potuto dichiarare superato - e anche questo era ancora da vedere - il buonsenso aveva suggerito al Blacktyde che lasciare i rapporti tra loro insozzati a quel modo non era cosa saggia. Una volta in mare, la Nebbia e la Bambina avrebbero potuto contare solo ed esclusivamente l'una sull'altra; e, nel lungo termine, nessuna delle due avrebbe giovato dall'eventuale cattivo sangue che rischiava di scorrere tra i due capitani. Perciò, caraffe piene di malto e schiuma, racconti di terre lontane e domande semplici: una serata che poteva finire tanto con una stretta di mano quanto con una rissa - due modi ugualmente validi nelle Isole di Ferro per stringere un'alleanza.

     
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    «Da giovane sono stato alle Stepstones. Sono stato su navi Greyjoy, Drumm... andavo dove avevano bisogno di braccia. Poi quando tornavo alle isole con i miei guadagni, vedevo come di tutte quelle cose razziate, nessuna arrivasse alla popolazione. Ho visto morire amici, parenti uccisi perché non pagavano le tasse a nobili che magari avevano appena ricevuto un lauto bottino, ma invece che abbassarle le avevano alzate. Quindi, alla fine mi sono fatto una nave mia, una nave mercantile. Ho visitato le Isole dell'Estate, che tanto brami, mi sono spinto fino a Volantis, ma non ho mai superato il Mare Fumante, perché per quello che volevo fare non aveva senso stare lontano più di un anno. Quindi ti posso dire che ho toccato ogni porto di Westeros, ma pochi a Essos. Alla fine sono stato ingaggiato da tuo nipote e visto che lui pensa alla sua gente, ci son rimasto: ormai è un anno che navigo per lui soltanto» raccontò.
     
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    Il tempo avrebbe mostrato a Üdyn che il mercante non sarebbe stata l'ultima persona sinceramente attratta dalla visione di Baelor...

    ...ma, a quel punto della storia, era sicuramente la prima.

    L'uomo decise di non dire niente per non interrompere la narrazione dell'altro, ma non prese nessuna misura per nascondere lo stupore della rivelazione dei suoi trascorsi.

    E, se col senno di poi fu facile dirsi che, considerata l'età dell'uomo, era presumibile pensare che avesse vissuto un passato comune a quelli della sua generazione, un orecchio teso a ciò che aveva da dire diede una cagione alle parole che questo gli aveva rivolto nello studio del Maestro.

    Dagon aveva vissuto l'Antica Via sulla propria pelle: il fatto che l'Abissale incitasse i suoi fedeli alla competizione, inneggiando al dominio del forte sul debole, era perciò una nozione condivisa a entrambi. L' Avaro, però, andò oltre la dottrina impartita, parlando di parenti e amici uccisi dai capricci di certi signorotti accecati dalla cupidigia. Entrare nel merito di una discussione simile era inutile: rispondere alla perdita di un affetto parlando di come era facile sulla terraferma scordarsi dell'unità data dal mare e cedere alle lusinghe del Dio della Tempesta sarebbe stato un invito a spaccarsi reciprocamente in volto i boccali che stavano usando per dissetarsi. Ancor più suicida sarebbe stato cercare d'indagare a fondo sulle circostanze di quegli eventi solo per cercare di rispondere al colpo al cerchio dato dal mercante con un colpo alla botte: e cercare di giustificare improvvisi aumenti nelle imposte con la necessità di finanziare una guerra in arrivo equivaleva a saltare a pié pari il dogmatico strozzamento richiesto dall'Abissale per ricevere una stilettata al collo.

    Üdyn ammise a sé stesso e, attraverso due specchi blu momentaneamente ingrigiti, al suo interlocutore di non saperne abbastanza per commentare quei trascorsi personali; questo, però, non voleva dire che non avesse esperienza a cui attingere o perplessità e opinioni da esporre per trovare un fondo comune con lui.

    «Le vele della Volatrice Notturna sono sospinte da un vento nuovo, è vero; ed è anche vero che c'è bisogno di vento nuovo nel mondo...anche per creare nuove correnti.»

    L'uomo dal sangue nero e verde pensò alle parole di Hagmar: anche in presenza di nuovi venti, l'Abissale si sarebbe adattato. Prendere quanto vi era di buono in quelle nuove vie, creare nuove occasioni dai nuovi mutamenti era contemplato e possibile.

    «Prima della guerra, ero stato in mare e avevo combattuto solo con uomini di Blacktyde. Non "Cape South", chiariamoci - parlo di cugini che occupavano ale ormai vuote del castello, o dei padri e degli zii di chi viene a ubriacarsi qui regolarmente.»

    Era l'epoca di assalti sporadici portati con vele nere e nel cuore della notte - crimini, la cui gravità era andata persa nel roboante clamore di una guerra scoppiata pochi anni dopo; macchie nere agli occhi degli uomini delle Terre Verdi che, come da consuetudine tra gli abitanti delle Isole di Ferro, Üdyn avrebbe specificato essere, qualora direttamente interpellato, semplici addestramenti.

    «Facce conosciute, quindi. Cuori e braccia unite da un feudo fatto di tante navi lunghe, ma di pochi villaggi e una situazione economica molto diversa da quella che vedi ora...ma questo lo sai già.»

    Üdyn ripensò all'uomo a cui doveva la vita, l'amante delle razzie che aveva portato le sue chiglie in lungo e in largo: un uomo che, in quel preciso momento, ricordava con nostalgia, ma la cui immagine effettiva si accostava maggiormente a quella evocata dalla voce sibillina che accusava Baelor di alto tradimento.

    Ma stava divagando fin troppo col cuore. Doveva dare ragione all'Avaro sulle interpretazioni imperfette dell'Antica Via.

    «Fu solo con l'arrivo della guerra che mi resi conto di come stessero davvero le cose. Si dice che siamo la terra di mille regno, che una nave vale un'isola...ma vedere il nemico combattere mi fece capire che, spesso e volentieri, ogni uomo è un'isola, qui da noi. Il nemico avanza compatto sia in attacco che in difesa finché il morale è alto, mentre noi abbracciamo la tempesta che arriva con la battaglia, finendo per rompere le formazioni e fortercene dei piani più volte di quante vorremmo ammetterne.»

    Üdyn era perplesso da ciò, a tratti adirato: aveva visto la spinta individualista in Granchio, in Lancel, Torrance...a volte persino nel piccolo Tyron. Eppure, l'uomo era convinto del fatto che non era colpa della smania di pagare il prezzo del ferro se due uomini decidevano, nel mezzo della mischia, di contendersi la stessa preda, no: la colpa era dovuta alla mala interpretazione del padre delle maree, al fatto che, essendo una barca nata dal legno - e perciò dalla terra - il Dio della Tempesta riuscisse a corrompere i cuori degli uomini persino in mare, e proprio nel momento in cui la passione e la foga della battaglia li indebolivano maggiormente. Ma questo, appunto, era un problema non di fondo, bensì isolato: nulla che nuovi venti, rigore morale e un rinnovato senso di comunità non potessero risolvere.

    Erano tendenze che potevano cambiare, attraverso spiriti più saldi e nuovi venti.

    «Il nuovo maestro d'arme del castello, però...Urrigon Pyke...è molto simile a Baelor. Sfido io, quei due sono cresciuti assieme... Comunque, fatto sta che anche lui è un vento nuovo, si potrebbe dire: un vento nuovo, che mi auguro porterà dei cambiamenti nei soldati.»

    Cambiamenti, sì...ma non troppi. Non troppi.

     
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    «Prima della guerra non c'erano molte navi lunghe in più di quelle che ci sono ora» replicò Dagon. «I feudi delle Isole di Ferro sono più degli alberi che ci crescono e la legna migliore andava per la Flotta di Ferro, quello che rimaneva ci si facevano le navi lunghe per i propri signori. Si contano dalle tre alle cinque navi lunghe a feudo, poi ci sono famiglie con più navi e alcune anche con meno» concluse con una scrollata di spalle.
    «Le nuove correnti servono a poco se le guardi con la testa volta al passato. Finiscon per diventar vecchie a loro volta. Vuoi andare alle isole dell'estate, sai che le navi lunghe iron born non possono avvicinarsi oltre un certo punto o vengono attaccate immediatamente? Abbiamo una fama di merda in giro per il mondo conosciuto e superare i pregiudizi per commerciare non è semplice» disse.

    Per una questione tecnica, ogni feudo di westeros dispone di 3 navi militari, che siano di fiume o di mare, a meno che martin non abbia dato una cifra precisa come per i redwyne, la flotta reale e la flotta di ferro. Ma la flotta di ferro è una flotta esterna ai feudi, ed è sotto il comando del Greyjoy
     
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    Üdyn fissò il mercante con gli stessi occhi con cui aveva fissato la prima ascia lanciata contro un bersaglio il giorno del funerale di Iora.
    Non sarebbe stata l'ultima volta in quella serata in cui gli avrebbe rivolto quello sguardo.

    «...Brindo a te, Dagon. Facile immaginare quanti soldi tu abbia messo da parte a furia di razzie, se ammazzavi gente proprio come hai fatto con la mia storia.» commentò, per poi portare il boccale alle labbra e alzare il gomito.

    Üdyn sperò che l'alcol lavasse via una volta per tutte i commenti caustici dell'Avaro; ma questo, proprio come il cibo ammuffito, non fece altro che continuare a diffondere l'infelicità di cui era pieno come una botte, una frase dopo l'altra.

    «No che non lo sapevo.»

    E, a onor del vero, nemmeno gli interessava. Ma era ovvio che al mercante interessasse eccome, e che voleva che il Blacktyde lo sapesse. Come rispondere a tutto ciò? Era ormai chiaro che nascondere un segreto all'Avaro era quasi impossibile, e che la voglia di Üdyn di razziare era cosa già a lui nota.

    Perciò, tanto valeva affrontare di petto i dubbi dell'uomo.

    «Ma questo spiega perché tra tutte le mappe che hai disegnato per il Blacktyde non ce n'è una per quelle isole, nonostante tu conosca la rotta. Difficoltà nell'avere a che fare con gli isolani, lontananza dei porti...considerata l'urgenza di Baelor di risollevare le nostre sorti, quella di non dare loro importanza non è nemmeno una scelta: è buonsenso. Ma, ovviamente, non è questo il punto.»

    Üdyn tirò su col naso, prima di alzare nuovamente il gomito e trarre una lunga sorsata di birra tiepidiccia.

    «Te l'ho già detto, non hai di che preoccuparti: se Baelor mi dice di farti da scorta e nient'altro, sta pur certo che quello farò - se non perché sono un uomo di parola, perché se vado contro il volere di Baelor non vedrò mai più il ponte di una nave della mia Casa, nemmeno in qualità di rematore.»

    E se Baelor avesse voluto diversamente, anche lì si sarebbe adeguato; e nell'agognato caso in cui avesse avuto una nave lunga in dono e fosse divenuto padrone del suo destino, beh...lì il discorso sarebbe stato molto diverso. Ma era un discorso troppo ipotetico per Dagon, giusto? Separarsi da un intero terzo della propria forza militare navale era un discorso troppo ipotetico per poter essere preso in considerazione persino da un uomo accorto e lungimirante come Dagon.

    Insomma, l'Avaro poteva dormire sogni tranquilli: questo era ciò che Üdyn cercò di comunicare.

    «Dunque, pochi porti ad Essos, ma tutti quelli di Westeros. Quindi quelle volte che porti a Blacktyde robe esotiche dell'altra parte del mondo che fai, le compri da terzi ad Approdo del Re o a Lancia del...ah, no, non quella...come si chiama...Planky Town?»

    Domanda: rileggendo la prima role con Dagon mi sono reso conto che aveva detto di essersi indebitato per sfamare la popolazione di Blacktyde quando "il Blacktyde era un altro". Questa cosa continua a esser vera anche alla luce delle informazioni più recenti?
     
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    «Quei mari abbondano di pirati e portarsi dietro una nave lunga protegge da loro ma non dalle forze di difesa delle Isole dell'Estate» confermò il capitano. «A volte se ne trovano anche a Vecchia Città. Comunque sì, Planky Town, Tarth... Durante questo viaggio vorrei provare a far sosta a Sunspear: ho sentito dire che uno il figlio di sale del Drumm ha fatto buona impressione sul fratello del Principe regnante e potrebbero non farci storie ad attraccare; in fondo, nella nostra storia, Dorne non è stato razziato troppo da noi, grazie alle sue coste di merda, quindi i suoi porti sono quelli dove i tassi di scambio son più favorevoli»
    O magari era perché Dorne non era in buoni rapporti con gli altri Regni di Westeros e quindi magari per far dispetto al trono, favoriva gli ironborn.

    Baelor ha estinto il suo debito a patto che lavorasse per lui.
     
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    «Solo una? Ho sempre avuto l'impressione che queste isole fossero un buco di culo in mezzo al mare, uno sputo talmente lontano da ricettatori e fonti d'acqua varie da poter esser preso di mira solo da flotte intere che vanno a colpo sicuro, non da una o due navi disposte a passare giorni in mare aperto sperando che le informazioni su una cocca di passaggio ricevute qualche giorno prima in una stamberga maleodorante si rivelino vere. Oppure stai parlando di locali?»

    Üdyn pose la domanda con voce già carica di trepidante attesa. Sospinto dai venti del fantastico, infatti, egli si era già fatto l'idea che, locali o stranieri che fossero, questi pirati avessero una loro tana da qualche parte in quell'arcipelago. Un rifugio, un'insenatura lontana dallo sguardo delle forze di difesa di cui parlava l'Avaro; una terra da poter rendere nuovamente vergine bagnandola con il sangue di future vittime; un lembo di terra su cui piantare il vessillo del verde e del nero, la grande colonia da lui sognata.

    «Altrimenti, dimmi che si tratta di fortunelli che hanno trovato dei posti su quelle isole dove rintanarsi. Quello sì che vorrebbe dire avere il vento a favore.»

    Il capitano ghignò, prima di affondare ancora una volta i baffi nella schiuma di malto. Sapendo di non poter evadere l'occhio di falco di quell'uomo, decise di giocare d'anticipo, rivelando buona parte di ciò che aveva immaginato poco prima e celando ciò che non poteva dire apertamente dietro un'ipotesi vantaggiosa per lui, per l'Avaro e anche per il Blacktyde.

    «Perché, se la storia fosse davvero questa, allora potremmo sfruttarla per farci qualche amico. Quelli hanno navi veloci, begli archi...sono temibili, finché il nemico è in vista.»

    Archi in legno dorato, così li aveva chiamati Marvin; ed era stato sempre il cuoco a dargli l'informazione che avrebbe riportato, assieme ad una sua supposizione, a Dagon poco dopo:

    «Sulla terraferma, però, hanno un modo tutto loro di fare battaglia, molto complicato, diverso dal nostro. Capisci dove voglio arrivare? Se hanno il tempo di fare le cose in maniera complicata, vuol dire che sulla terraferma si sentono al sicuro. Sapere che degli estranei sono ad un'isola di distanza a loro insaputa li farebbe morire di crepacuore...e sapere che qualcuno si è sbarazzato di loro li farebbe sentire molto riconoscenti, specialmente se quel qualcuno porta loro anche del ferro. Ma, appunto...se la storia fosse davvero questa.»

    Üdyn sorrise ancora una volta, crogiolandosi nell'ironia di quella serata tipica degli uomini di ferro, nella constatazione di come l'ascia di guerra che quei due stavano cercando di seppellire sarebbe potuta venir riesumata da un momento all'altro per piantarla nel cranio di terzi.

    Una tematica, tra l'altro, che avrebbe trovato una ragion d'essere anche nell'imminente discorso su Dorne.

     
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    «Le Isole dell'Estate non sono lungo la strada per Essos, bisogna fare una bella deviazione per arrivarci, motivo per cui uno ci va solo se ci vuole andare» rispose Dagon. «Ci vanno mercanti, mai sentito di eserciti in tutta la mia carriera. I pirati però si annidano lungo le intersezioni delle rotte principali con Essos e sfruttano ogni isolotto delle Stepstones per sfuggire alle autorità e ai cacciatori di taglie. La maggior parte... ma ci sono anche sulle rotte per le Isole dell'Estate stesse e, in quel caso, solitamente si tratta di abitanti delle Isole stesse. Non attaccano le loro navi cigno, si concentrano sulle straniere e, per quel che ho sentito, tendono a colpire le navi che stanno lasciando le isole, non quelle che arrivano» commentò.
    Sbuffò divertito. «Vorresti invadere un'isoletta del loro arcipelago per poter impensierire gente che quelle isole le conosce meglio del proprio buco di culo?» chiese. «Non so come facciano sulla terraferma, non mi sono mai fermato a lungo su quelle Isole: non amano gli stranieri sulle loro costo e quindi meglio non star troppo nei loro porti» disse.
    250 px di scuse per il mio ritardo. Üdyn livella, con che classe prosegui?
     
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    «Vorresti invadere un'isoletta del loro arcipelago per poter impensierire gente che quelle isole le conosce meglio del proprio buco di culo?»

    «No. Ho detto che sarebbe stato bello se a farlo fosse stato qualche pirata straniero perché, in quel caso, avremmo potuto cercare di parlare con qualche regnante locale e offrirci di risolvere il problema per loro...ma è chiaro che non è questo il caso.»

    Üdyn parlò con voce annoiata; e altrettanto annoiata fu la voce nel suo cuore. Se c'era stata un'incomprensione, se si era tenuto per sé qualche ragionamento che sarebbe stato meglio esplicare, il Blacktyde non se ne curò: tutto ciò ce contava era l'ennesimo screzio, l'idea di una sostanziale diversità di fondo e sfiducia dell'uno negli ideali dell'altro che avrebbe fatto andare a male persino la birra che stavano condividendo.

    «Fama di razziatori per fama di razziatori, tanto vale sfruttare ciò che abbiamo...e lo stesso vale per Dorne.»

    Rispose, spostando il discorso un po' più a nord, lontano dalle isole delle spezie e vicino al principato delle coste di merda.

    «Voglio dire, abbiamo la nostra bella fama anche lì...ma il nostro Blacktyde è quanto di più lontano ci sia dalle razzie e dall'Antica Via. Aggiungiamoci il fatto che c'è l'hanno a morte con i Lannister e che noi siamo stati in prima fila nel razziare la loro città più importante, il fatto che i Dorniani abbiano una potenza navale pari a zero ma che siano talmente attaccati alle Stepstones che se uno di loro decide di tirare fuori il cazzo a ridosso di una scogliera col vento a favore rischia di pisciare in faccia a un pirata...»

    <i>Fare da mercenari per ingraziarsi i Martell<i>, insomma, con tutte le conseguenze del caso. Era un discorso lineare e tanto semplice da comprendere quanto per un Maestro doveva esserlo fare due più due, o come per qualsiasi cuoco lo era cuocere una zuppa d'alghe. Il problema, semmai, sarebbe stato convincere Hagmar a tollerare quella che avrebbe probabilmente ritenuto vera e propria prostituzione...ma, anche ammettendo che quest'idea si sarebbe tramutata in realtà,tra il dire e il fare vi era almeno un anno di mare, giorni e giorni per studiare il messo dell'Abissale e vedere se e quanto poteva vedere le cose allo stesso modo del Blacktyde.



    Edited by Granlichter - 5/4/2024, 05:01
     
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